Parmenide

Parmenide (Elea, tra 544/515 e 450 p.e.v.)

– l’essere è e il non-essere non è. 

– si può pensare solo ciò che è 

– nulla cambia

– Qualità dell’essere: senza origine o fine, eterno, indivisibile, unico, immobile,immutabile, sfera

– Il tempo e il movimento sono impossibili

I presocratici di Angelo Pasquinelli (1958)  Frammenti:

…perché il non-essere non puoi né conoscerlo (è infatti impossibile), né esprimerlo (da Simplicio 228)

… poiché lo stesso è pensare ed essere (da Plotino 229)

Per la parola e il pensiero bisogna che l’essere sia: solo esso infatti è possibile che sia, e il nulla non è (da Simplicio 229-30)

E come potrebbe l’essere esistere in futuro? e come potrebbe essere stato in passato? Perché se fu non è, e così non è se dovrà essere in futuro. (da Simplicio 234)

Della Luna: Un lume che splende la notte di luce non sua e vaga intorno alla terra sempre guardando verso i raggi del sole Sole (da Plutarco 239)

 

Storia della filosofia occidentale di Bertrand Russell 

punti essenziali di Parmenide:

“Tu non puoi sapere ciò che non è (che è impossibile) né esprimerlo; perché la cosa che può essere pensata può anche essere.”

(la cosa) “se cominciò ad essere, non è; e non è neppure se dovrà essere nel futuro.” Così il divenire è abolito e non si deve più sentir parlare dello scomparire.

“La cosa che si può pensare è la stessa per cui esiste il pensiero: infatti non potreste trovare un pensiero senza qualcosa che è, come non si può esprimere ciò che non è.”

ecco l’essenza di questo ragionamento: quando pensi, pensi a qualcosa; quando adopri un nome, dev’essere il nome di qualcosa. Quindi sia il pensiero che il linguaggio richiedono oggetti al di fuori di sé… tutto ciò che può essere pensato o di cui si può parlare deve esistere in tutti i tempi. Di conseguenza non ci può essere alcun mutamento, dato che i mutamenti consistono in cose in cose che cominciano o che cessano di essere. (83)

Parmenide pretende che, se possiamo sapere ciò che si considera comunemente come passato, in realtà non può essere tale, ma deve in un certo senso esistere ancora. Quindi deduce che non vi sia nulla di simile a un mutamento. (86)

Ciò che la filosofia successiva fino ai tempi recentissimi accettò da Parmenide non fu l’impossibilità di ogni cambiamento, il che era un paradosso troppo violento, ma l’indistruttibilità della sostanza. La parola “sostanza” non compare nei suoi successori immediati, mail cocetto è già presente nelle loro speculazioni.(87)

 

Le menzogne di Ulisse, di Piergiorgio Odifreddi (2004)

La dea Nike indica due strade a Parmenide: la via della Verità e l’altra “che non è che è necessario che non sia, quella della doxa, dell’opinione, che si ottiene attraverso i sensi.

Parmenide parte dall’osservazione che “è vero ciò che è, e falso ciò che non è”. Collega verità e falsità con l’essere e il non-essere appoggiandosi su una ambiguità che prima di tutto è del linguaggio naturale. Il verbo essere è una peculiarità delle lingue indoeuropee che rende ancor oggi inevitabile la confusione tra usi e significati è genera diversi problemi di interpretazione. Uno  in particolare deriva dall’abitudine di sostantivare i verbi. Dire “il vedere vede” o “l’amare ama” o “l’essere è” non ha alcun significato, perché è una tautologia. 

A scanso di equivoci, il ragionamento di Parmenide, per quanto elementare, si basava principalmente su tre ingredienti niente affatto banali, che sono poi entrati a far parte del bagaglio degli attrezzi della logica. Primo: dire che “il non essere non è l’essere” significa dare una definizione di verità alla negazione (“il non essere è”) come falsità del negato (“non è l’essere”). Secondo: dire “il non essere è il essere” significa affermare il principio di identità, secondo cui ogni cosa è uguale a se stessa. Terzo:dire che “il non essere non può allos stesso tempo essere e non essere” significa intravedere il principio di non contraddizione, secondo cui una cosa non può allo stesso tempo avere e non avere la stessa proprietà.

Questi ingredienti si chiariranno solo in seguito, a partire da Platone e da Aristotele, ma Parmenide li ha in qualche modo intuiti, e di questo bisogna dargli atto (39)

Ciò che invece bisogna imputargli è di non aver capito che, come già nel caso della verità e della falsità, il suo paradosso smascherava l’illusione metafisica dell’essere e del non essere… non c’è nessun Essere o Non Essere, con la maiuscola.

L’intera costruzione si fonda su un dogma, enunciato esplicitamente da Parmenide nel terzo frammento del suo poema che proclama: “Il pensiero e l’essere sono la stessa cosa”. (40)

Odifreddi sottolinea che i ragionamenti di Parmenide sembrano sofismi, buoni per il pensiero paralogico o prelogico della religione o della letteratura.

 

La realtà non è come ci appare di Carlo Rovelli  (2014) 

Parmenide, che aveva preso molto alla lettera, forse troppo, il razionalismo di Mileto e la grande idea, nata a Mileto, che la ragione ci mostri come le cose possano essere diverse da come ci appaiono. Parmenide aveva esplorato una via di pura ragione alla verità, che lo aveva portato fino a dichiarare illusoria ogni apparenza, aprendo un cammino che sarebbe andato verso la metafisica, allontanandosi via via da quella che più tardi si sarebbe chiamata “scienza naturale”. (26)

Elogio delle matematiche di Alain Badiou (intervista 2015)

Badiou sottolinea che Parmenide introduce il principio del terzo escluso per provare che il “non-essere” è falso: la conclusione contraddice l’enunciato “l’essere è”. 

Tale circumnavigazione controllata, regolata, tra il vero e il falso è, a mio avviso, una caratteristica intrinseca della matematica nascente, la quale introduce una spaccatura netta tra  quest’ultima e le verità rivelate, o basate solo sulla forza poetica… Egli ragiona per assurdo e la conseguenza è evidente: la filosofia razionale e la matematica nascono congiuntamente. (21)