Cartesio – Discorso sul metodo

René Descartes, Renatus Cartesius, Cartesio, (31 marzo 1596 – 11 febbraio 1650).

Discorso sul metodo – scritto dal dicembre 1628 al settembre 1629, pubblicato 1637 in francese. 

DISCORSO SUL METODO 

A fine citazione, tra parentesi, pagina testo M= Mursia 1972 e LL=LiberLiber.

buon senso o la ragione

Se questo discorso sembra troppo lungo per essere letto tutto in una volta, lo si potrà dividere in sei parti.

E si troveranno, nella prima, diverse considerazioni sulle scienze.

Nella seconda, le principali regole del metodo che l’autore ha cercato.

Nella terza, qualche regola della morale ch’egli ha tratto da questo metodo.

Nella quarta, gli argomenti con i quali prova l’esistenza di Dio e dell’anima dell’uomo, che sono i fondamenti della sua metafisica.

Nella quinta, la serie delle questioni di fisica che ha esa- minato, in particolare la spiegazione del movimento del cuore e di qualche altra difficoltà della medicina e, ancora, la differenza tra l’anima nostra e quella dei bruti.

Nell’ultima, le cose ch’egli crede siano richieste per an- dare avanti nello studio della natura più di quanto si è fatto, e i motivi che lo hanno indotto a scrivere. (LL 6)

E avendo deciso di non cercare altra scienza se non quella che potevo trovare in me stesso oppure nel gran libro del mondo, (LL 14)

quanto alla ragione, siccome è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie, voglio credere che sia tutt’intera in ciascuno (28)

nessuna cosa al mondo permane nello stesso stato (LL 28)

Infine, per quel che riguarda le scienze bugiarde, pensavo di conoscerne già abbastanza il valore per non correre il rischio di venir ingannato né dalle promesse di un alchimista, né dalle predizioni di un astrologo, né dalle imposture di un mago, né dalle frodi o vanterie di chi va dicendo di sapere più di quanto non sappia. (M37)

io presi un giorno la risoluzione di studiare anche in me stesso e d’impiegare tutte le forze del mio ingegno a scegliere le vie che dovevo seguire (M39)

E avendo deciso di non cercare altra scienza se non quella che potevo trovare in me stesso oppure nel gran libro del mondo,

la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi. E poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni. (LL 44)

 cosí, in luogo del gran numero di regole di cui si compone la logica, ritenni che mi sarebbero bastate le quattro seguenti, purché prendessi la ferma e costante decisione di non mancare neppure una volta di osservarle.

La prima regola era di non accettare mai nulla per vero, senza conoscerlo evidentemente come tale: cioè di evitare scrupolosamente la precipitazione e la prevenzione; e di non comprendere nei miei giudizi niente piú di quanto si fosse presentato alla mia ragione tanto chiaramente e distintamente da non lasciarmi nessuna occasione di dubitarne.

La seconda, di dividere ogni problema preso in esame in tante parti quanto fosse possibile e richiesto per risolverlo piú agevolmente.

La terza, di condurre ordinatamente i miei pensieri cominciando dalle cose piú semplici e piú facili a conoscersi, per salire a poco a poco, come per gradi, sino alla conoscenza delle piú complesse; supponendo altresí un ordine tra quelle che non si precedono naturalmente l’un l’altra.

E l’ultima, di fare in tutti i casi enumerazioni tanto perfette e rassegne tanto complete, da essere sicuro di non omettere nulla. (M50; LL)

Non imitavo, per questo, gli scettici, che dubitano solo per dubitare e ostentano una perenne incertezza: al contrario, ogni mio proposito tendeva soltanto a raggiungere qualcosa di certo, e a scartare il terreno mobile e la sabbia, per trovare la roccia e l’argilla. E questo mi riusciva, credo, abbastanza bene; tanto piú che, cercando di scoprire la falsità o l’incertezza delle proposizioni prese in esame, non con deboli congetture, ma con ragionamenti chiari e certi, non ne incontrai mai di cosí dubbie che non potessi trarne ogni volta qualche conclusione abbastanza sicura, almeno questa soltanto, che non contenevano nulla di certo. (M64; LL)

Avevo notato da tempo, come ho già detto, che in fatto di costumi è necessario qualche volta seguire opinioni che si sanno assai incerte, proprio come se fossero indubitabili; ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile. Cosí, poiché i nostri sensi a volte ci ingannano, volli supporre che non ci fosse cosa quale essi ce la fanno immaginare. E dal momento che ci sono uomini che sbagliano ragionando, anche quando considerano gli oggetti piú semplici della geometria, e cadono in paralogismi, rifiutai come false, pensando di essere al pari di chiunque altro esposto all’errore, tutte le ragioni che un tempo avevo preso per dimostrazioni. Infine, considerando che tutti gli stessi pensieri che abbiamo da svegli possono venirci anche quando dormiamo senza che ce ne sia uno solo, allora, che sia vero, presi la decisione di fingere che tutte le cose che da sempre si erano introdotte nel mio animo non fossero piú vere delle illusioni dei miei sogni. Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, cosí, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era cosí ferma e sicura, che tutte le supposizioni piú stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo. (67-68; LL37)

avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono (esisto), che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere (esistere in altre traduz), giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.(M70; LL38)

in primo luogo, anche quella che ho assunto poc’anzi come regola, cioè che le cose che concepiamo molto chiaramente e distintamente sono tutte vere, non è certa se non perché Dio è o esiste, perché è un essere perfetto e perché da Lui riceviamo tutto quello che è in noi. Di qui segue che le nostre idee o nozioni, essendo in tutto ciò per cui sono chiare e distinte cose reali e che ci vengono da Dio, non possono in questo non essere che vere. (M76; LL42)

Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi. E poiché i nostri ragionamenti non sono mai così evidenti né completi nel sonno come nella veglia, sebbene le immagini quando dormiamo possano essere a volte altrettanto o anche più vivaci e nette, la ragione ci dice ancora che, non potendo i nostri pensieri essere in tutto veri dal momento che non siamo interamente perfetti, quanto hanno di verità deve trovarsi in quelli che abbiamo da svegli, piuttosto che nei nostri sogni. (M78; LL 44)

ho anche individuato certe leggi, che Dio ha stabilito nella natura, imprimendone le nozioni nella nostra mente in modo tale che, avendo riflettuto a sufficienza su di esse, non potremmo dubitare che siano esattamente osservate in tutto ciò che nel mondo è o accade. (LL 45)

Infine, il fatto più notevole in tutto questo è la generazione degli spiriti animali, che sono come un vento sottilissimo, o piuttosto come una fiamma molto pura e molto viva che, salendo in continuazione e in grande abbondanza dal cuore al cervello, va a finire di là, attraverso i nervi, nei muscoli, e dà movimento a tutte le membra. (LL 57)

secondo le leggi della meccanica, che sono le stesse leggi della natura (LL 58)

[animali] In primo luogo, non potrebbero mai usare parole o altri segni combinandoli come facciamo noi per comunicare agli altri i nostri pensieri… agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. 

(LL 59-60)

in luogo della filosofia speculativa che si insegna nelle Scuole, se ne può trovare una pratica, in virtù della quale, conoscendo la forza e le azioni del fuoco, dell’acqua, dell’aria, degli astri e dei cieli e di tutti gli altri corpi che ci circondano così distintamente come conosciamo le diverse tecniche degli artigiani, potremo parimenti impiegarle in tutti gli usi a cui sono adatte, e renderci quasi signori e padroni della natura. (LL 65)

Ho cercato come prima cosa di trovare in generale i princìpi o cause prime di tutto ciò che è o può essere al mondo, considerando per questo soltanto Dio che l’ha creato, e ricavandoli solo da certi semi di verità che sono naturalmente nella nostra anima. (LL67)

sono certo che i più zelanti aristotelici di oggi si riterrebbero fortunati di avere la stessa conoscenza della natura che ebbe Aristotele, anche a costo di non saperne mai di più. Sono come l’edera, che non cerca mai di salire più su degli alberi che la sostengono, e spesso anzi ricade, quando è arrivata fino alla loro cima; come mi sembra che ricadano, e cioè si rendano in qualche modo meno sapienti che se smettessero di studiare, quelli che, non contenti di sapere tutto quello che è spiegato nel loro autore in maniera comprensibile, vogliono oltre a ciò trovarci dentro la soluzione di molte difficoltà di cui non fa cenno e alle quali forse non ha mai pensato. (LL 73)

la verità, che non si scopre se non a poco a poco e per alcune cose soltanto, e che ci impone, quando si tratta di parlare di altre, di confessare con franchezza che non ne sappiamo nulla.(LL 74)

Se io posso essere imbrogliato, io esisto… La condizione di possibilità di essere imbrogliato è che io esista.

termini

penso, dunque sono (esisto)

ragionamenti, pensieri, cosa, conoscenza: chiari e distinti, certi, intelligibili, salda

evidenza e certezza (LL37)