Poche idee e senza fiato

Le origini della creatività, di Edward O. Wilson, Cortina 2018

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LA CONQUISTA DELLA CREATIVITA’

La creatività è il carattere distintivo della nostra specie e ha come fine ultimo la comprensione di noi stessi: che cosa siamo, come siamo diventati così e quale destino, se esiste, determinerà le tappe future della nostra traiettoria storica… È la ricerca innata dell’originalità. La sua forza trainante è l’amore istintivo che il genere umano prova per la novità…

il lupo e l'ombra

Benjamin Carlson, 2015

…I due grandi rami della conoscenza, l’ambito scientifico e quello umanistico, sono complementari nel nostro esercizio della creatività. Condividono infatti le stesse radici dell’impresa innovativa. Le discipline scientifiche si occupano di tutto ciò  che può accadere nell’universo; le discipline umanistiche di tutto ciò che è concepibile dalla mente umana.” (p.3)

Per spiegare il fenomeno biologico tre livelli di ragionamento: che cos’è, come è fatto, perché

LA NASCITA DELLE DISCIPLINE UMANISTICHE

Nascita delle discipline umanistiche risale a un milione di anni fa, “davanti al bagliore del fuoco”.

“quanto più l’individuo riconosce ciascun compagno come un individuo distinto e ne sa comprendere e prevedere il comportamento nonché le probabili conseguenze, tanto più sarà in grado di usare  questa conoscenza a proprio vantaggio personale… L’influenza reciproca e consapevole può fare da volano a un’organizzazione sociale di successo.” (p.11)

L’empatia è la capacita di ragionamento che permette di interpretare i sentimenti degli altri e di prevedere le loro azioni… La capacità empatica è una sorta di gioco in cui l’individuo comunica con il gruppo e il gruppo si organizza di conseguenza.”  

“La partecipazione è l’emozione che proviamo, per esempio, difronte alle difficoltà di un’altra persona, associata al desiderio di offrire aiuto e soccorso.”(p.11)

Il rispecchiamento, grazie al quale l’individuo percepisce l’umore e le emozioni dell’altro e, in qualche misura, li sperimenta.” (p.12)

Nel processo dell’evoluzione per selezione naturale, proprio come nella vita quotidiana, piccoli avvenimenti possono avere conseguenze grandi o molto grandi.” (p.13)

Il passaggio da una alimentazione vegetariana a una dieta anche di carne è un piccolo evento dell’evoluzione umana che ha portato a un cambiamento dell’intero sistema gastrointestinale,  e anche alla condivisione del cibo e del sistema abitativo. Questo shift adattativo ha richiesto un migliore controllo del fuoco. 

gli antenati della nostra specie hanno sviluppato la forza cerebrale necessaria per connettersi alle altre menti e per concepire tempo, distanze ed esiti potenziali illimitati. In parole povere, è questa portata infinita dell’immaginazione ad averi reso grandi.” (p.17)

LINGUAGGIO

la lingua non è soltanto una creazione dell’umanità, è l’umanità stessa.” (p.22) È sia qualcosa di culturale che di istintivo.

INNOVAZIONE

Evoluzione delle arti creative. “L’originalità e lo stile sono tutto e si misurano in base a quanto le novità introdotte attirano l’imitazione.” (p.31)

la spinta all’innovazione può essere considerata efficacemente come una analogia dell’evoluzione genetica. ” (p.32)

In genetica consideriamo i geni senza successo e neutrali come un “carico mutazionale” da cui emerge, attraverso mutamenti e cambiamenti ambientali, l’organismo biologico. Allo stesso modo si può pensare che “solo in alcuni casi le innovazioni culturali hanno successo e costituiscono il motore delle arti creative.” (p.33)

SORPRESA ESTETICA

“La sensazione complessiva trasmessa da un’opera creativa (chiamiamola la sua firma) la cogliamo all’inizio o alla fine e qualche volta soltanto a distanza di tempo, quando è archiviata nella memoria a lungo termine ed è il primo pensiero che emerge nella nostra mente conscia, se proviamo a ricordare. Questa firma introduce alla sorpresa estetica, che sia senplicemente bella o, per altri versi, istintivamente e più profondamente coinvolgente.” (p.35)

Si è scoperto che la bellezza di giovani donne è legata a certi tratti del viso. Emerge una predilezione per certi tratti del viso spesso richiesti ad esempio alle modelle: un mento leggermente più piccolo, gli occhi leggermente più distanziati e gli zigomi più distanziati.

i limiti delle discipline umanistiche

Discipline umanistiche e filosofia perdono terreno e rimangono statiche per due ragioni: 

primo, i loro rappresentanti rimangono legati alla esigua bolla auditiva-visiva ereditata..

secondo, concentrati su come e poco sul perché la nostra specie abbia acquisito caratteristiche distintive. 

la natura umana non corrisponde ai geni che la prescrivono. e non è neppure l’insieme delle caratteristiche culturali più diffuse tra le popolazioni umane attuali. Equivale invece alla nostra propensione ereditaria ad apprendere determinate forme di comportamento e a evitarne altre (apprendimento preparato o contro-preparato.” (p.45)

L’origine del linguaggio ha preceduto quella della musica, ed entrambe hanno preceduto l’arte visiva

Il significato completo delle discipline umanistiche non emergerà dalla scienza, dalla tecnologia, dalla matematica, ma da cinque discipline minori (Big Five): paleontologia, antropologia, psicologia, biologia evoluzionistica e neurobiologia. 

Il limite principale dell’erudizione umanistica è rappresentato dal suo antropocentrismo estremo.” (p.46)

GLI ANNI DELL’ABBANDONO

Siamo esseri per lo più autidivo-visivi ma abbiamo esperienze sensoriali limitate rispetto ad altri animali. Reagiamo solo ai fotoni e in un ristretto spettro elettromagnetico. Limitati nell’uso dei suoni e degli odori per la comunicazione. Tuttavia le discipline umanistichesorrette sia dai fatti sia dalla fantasia, hanno il potere su ogni cosa, non soltanto possibile, ma anche concepibile.” (p.58)

“La stragrande maggioranza delle persone, nel mondo, appartiene a una religione o a una fede particolare, che viene definita non tanto dalla credenza in Dio quanto dai suoi stravaganti miti della creazione.” (p.63)

La competizione che deriva dalla cultura basata sulla fede non è l’unica forza che reprime l’ambito umanistico. Ancora più potente è la rivoluzione digitale.” (p.64)

LE CAUSE ULTIME

L’evoluzione umana è segnata da tre precondizioni: la creazione dell’accampamento, un elevato livello di cooperazione, il linguaggio parlato.

SUBSTRATO

Nella ricerca del significato, scienza e discipline umanistiche svolgono ruoli distinti. La scienza e la tecnologia ci dicono come andare dovunque vogliamo, mentre le discipline umanistiche ci dicono dove vogliamo andare con i prodotti della scienza.

L’impresa umana attuale consiste nel tentativo di dominare la Terra e ogni cosa su di essa, cercando di superare gli ostacoli rappresentati da una moltitudine di paesi in competizione, religioni, gruppi collettivi egoistici. Le discipline umanistiche possono correggere questa imperfezione.” (p.76)

Tre modi per superare i limiti delle discipline umanistiche:

1 – sfuggire alla bolla sensoriale

2 – connettere l’evoluzione genetica all’evoluzione culturale

3 – ridurre l’antropocentrismo

La ricerca del significato ultimo dell’esistenza umana si rivolge alle ultime teorie della fisica. Oppure cerca  una spiegazione nella mappa dei neuroni e nei collegamenti cerebrali. Oppure si rivolge a Dio o a qualche misteriosa spiegazione impossibile da comprendere.

Tutti questi sforzi sono destinati a perdurare e a fallire, in quanto affrontano uno dei più potenti archetipi: la ricerca dell’ignoto ultimo.” (p.77)

Le risposte, secondo Wilson, possono venire dalle Big Five che hanno come filo comune “l’evoluzione per selezione naturale“.

Nella formazione scolastica vi è una grave lacuna nell’insegnamento delle scienze, lacuna che impedisce di dare origine a una vera cultura generale. 

L’evoluzione biologica è di solito intesa come una trasformazione lineare che si trasmette e trasforma di padre in figlio secondo la selezione naturale determinata in gran parte dall’ambiente. Le variazioni genetiche sono casuali e la selezione naturale determina quelle che sono più adatte alla sopravvivenza mentre riduce e limita quelle che sono svantaggiose. La frequenza di un cambiamento genetico può essere molto rapida oppure molto lenta mantenendo stabile una popolazione. La selezione a livello di individuo è certo importante nei primi stadi dell’evoluzione sociale, ma assume un peso diverso quando consideriamo la genetica di una popolazione. 

La selezione a livello di gruppo influenza le caratteristiche che prevedono l’interazione con i compagni, in modo che il successo dei geni di un individuo dipende almeno in parte dal successo della società cui appartiene.” (p.81)

Nello spettro che va dall’individuo al gruppo l’umanità si posiziona al centro. 

La natura umana appare guidata dal conflitto fra la selezione naturale, che promuove l’egoismo da parte degli individui e dei loro familiari più prossimi, e la selezione di gruppo, che promuove l’altruismo e la cooperazione, al servizio di una società più ampia.” (p.81)

Il ruolo della selezione di gruppo nell’evoluzione sociale è coerente con i fondamenti comprovati della genetica della popolazione.” (p.81)

Questo ruolo è stato messo in discussione dalla teoria della fitness inclusiva, che considera il grado di parentale come fondamentale nella condivisione delle risorse e nella cooperazione. Questa teoria che Wilson ha sostenuto negli anni sessanta e settanta, mostra diverse imperfezioni e nessuno è riuscito a sviluppare modelli matematici adeguati che dimostrino il peso della selezione parentale nella selezione di gruppo.

A causa della selezione di gruppo e delle sue ovvie conseguenze per l’evoluzione del comportamento sociale degli esseri umani abbiamo ragione di supporre che i lati migliori della nostra natura non abbiano bisogno di essere inculcati a forza dentro di noi sotto la minaccia del castigo divino ma, al contrario, siano biologicamente ereditati. Grazie a una conseguenza fortuita derivata dai principi fondamentali della selezione naturale, siamo molto più di semplici selvaggi istruiti.” (p.83)

IL GRANDE PASSO AVANTI

Oltre il 98% delle specie evolutesi finora è scomparso.” (p.85)

CULTURA GENETICA

L’aumento delle dimensioni del cervello avviene probabilmente con le habiline. Il processo venne innescato da una coevoluzione geni-cultura, nella quale l’innovazione culturale determinò un incremento della velocità di diffusione dei geni che favorivano intelligenza e cooperazione. Principale protagonista una australopitecina africana che passa da una dieta vegetariana alla carne cotta. Il passaggio si tradusse in una trasformazione ereditaria che coinvolgeva l’anatomia, la fisiologia e il comportamento. Forse furono le habiline a governare il fuoco.  La coevoluzione geni-cultura come potenziale forza all’origine del linguaggio orale.

LA NATURA UMANA

l’evoluzione umana dipenderebbe da processi che interessano quattro livelli:

1 – elaborazione degli imput sensoriali (udito, vista, olfatto)

2 – riflessi involontari (sistema nervoso autonomo, per esempio starnuto, sbattere palpebre, arrossire, sbadigliare, salivare)

3 – paralinguistico (espressioni viso, movimenti mani e in generale del corpo, le risa, sollevare sopracciglia, sorriso)

4 – linguaggio simbolico (distigue dagli altri animali)

I quattro livelli sono modificati dai centri emotivi del cervello e sono soggetti ai centri di controllo del subconscio. Il risultato di questi processi è il “ragionare”.

La coevoluzione geni-cultura ha una rilevanza sostanziale per l’origine evolutiva della natura umana.. in sostanza si tratta del principio per cui quando la variante di un comportamento appreso assicura un vantaggio e si ripete spesso… il nuovo carattere finisce pertanto per fissarsi.” (p.99)

Apprendimento preparato (programmazione lineare su base genetica): “Il fenomeno sta alla base dell’istinto umano e di tutto ciò che tutti noi percepiamo come natura umana e che, a sua volta, quando viene espresso in modo creativo, è l’essenza delle discipline umanistiche.” (p.100)

La paura del serpente è un esempio di apprendimento preparato (fobie dei ragni o di altri insetti o animali, ma anche spazi angusti, altezza, acqua che scorre, persone estranee intorno). Sembra una reazione istintiva ma in realtà è appresa.

È lo stesso esempio portato da Vallortigara (?), il ramo rotto sul sentiero è un segnale di pericolo per l’uomo primitivo che immagina un pericolo invisibile.

Considerando da vicino l’essenza estetica delle arti creative, la misurazione delle onde alfa nel cervello ha rivelato che, nel caso di disegni astratti, l’indice di ridondanza tollerabile risulta prossimo al 20% circa, che corrisponde indicativamente alla stessa complessità che caratterizza un labirinto semplice o due giri in una spirale logaritmica o una croce asimmetrica. Una complessità minore dà un senso di semplicità sgradevole, mentre una maggiore dà un’impressione di affollamento.” (p.102)

“Il principio della complessità ottimale potrebbe essere l’espressione di un limite che il cervello incontra nel cogliere la completezza con un solo sguardo. Allo steso principio obbedisce il numero 7, ovvero la quantità massima di oggetti che può essere contata in un colpo d’occhio – senza spezzare l’immagine in più unità, da contare singolarmente e sommare insieme.” (p.102)

PERCHE’ LA NATURA E’ MADRE

Gli studi fatti sul rapporto fra artisti e natura rivela che, nonostante l’attività umana sia distruttiva della natura, permane un istinto nella selezione dell’habitat. I volontari esaminati hanno espresso preferenze riguardo ai luoghi in cui vorrebbero abitare: luoghi elevati che si affacciano su praterie o savane, punteggiati da alberi e boschetti delimitati sullo sfondo da uno sbarramento di rocce o densi boschi, vicino a laghi o fiumi.

Il panorama desiderato da queste persone è molto simile all’ambiente africano in cui hanno avuto origine i nostri antenati umani o preumani.” (p.108)

Ipotesi della savana. Spesso i giardinieri scelgono la forma degli alberi con caratteristiche simile a quelle presenti nelle savane, come le acacie. I giapponesi hanno incrociato per migliaia d’anni acacie e querce con l’intento di perfezionare tali caratteristiche. 

Le acacie hanno rami bassi che permettono di arrampicarsi facilmente. Nell’umano permane qualcosa che rimanda al nostro passato di cacciatori-raccoglitori.

È compito della biologia evoluzionistica capire perché la maggior parte delle persone ami passeggiare nei boschi e per quale motivo questa esperienza abbia un effetto positivo  sulla salute fisica e mentale.” (110)

Gli artisti creativi sono ancora lontani dall’avere esplorato le potenzialità delle regioni selvatiche e delle diversità biologiche, e il loro compito potrebbe essere anche quello di rivelare e conservare ambienti e diversità.

Le specie invasive tendono non solo a cancellare gli antichi ecosistemi naturali, ma anche moltissimi processi naturali e umani che si potrebbero tradurre in idee ed emozioni con una descrizione evocativa in termini poetici e visivi.” (p.112)

L’ESTASI DEL CACCIATORE

Il cacciatore più esperto ha più successo se percepisce la stessa Umwelt della preda.” (p.113)

GIARDINI

L’agricoltura è stata inventata più volte,  fra i 12mila (in Medio Oriente) e i 5mila anni fa nel Nuovo Mondo. L’Australia fa eccezione. Si attua con la domesticazione per selezione di piante produttive.

I giardini, come il mondo naturale che rappresentano, producono un effetto ricostituente e salutare.” (p.126)

I giardini simulano il mondo naturale. Ossessione per i prati. La scelta degli alberi ornamentali avviene sia in considerazione della loro origine geografica sia NO.

Una nuova tendenza sempre più diffusa nel campo dell’architettura si basa su una progettazione biofilica, che nella costruzione di edifici e giardini tiene conto di fattori come insetti, animali, biomassa e aspetti econonomici. Si tratta di incorporare la natura in un habitat sempre più sovraffollato.

METAFORE

Senza le metafore saremmo ancora dei selvaggi. Le metafore sono lo strumento usato per inventare nuove parole, combinazioni di nuove parole e nuovi significati di parole. Un contenuto poetico aggiuntivo che investe il linguaggio con l’emozione. E spinto dall’emozione il linguaggio produce la motivazione, che guida la civilizzazione. Più la civiltà è progredita, più le metafore sono elaborate.” (p.133)

Le metafore liberano l’immaginazione lasciando che vada in cerca di immagini capaci di prendere la vita.” (p.134)

Le metafore, secondo Wilson, non sono arbitrarie, “tendono, piuttosto a ricadere nelle categorie in cui si suddivide la risposta emotiva innata degli esseri umani. In altri termini, le metafore sono, in una certa misura, limitate dall’istinto.” (p135)

Penso che questa definizione e descrizione delle metafore  sia molto lontana da quella data da Lakoff, secondo cui la metafora va vista all’interno di una cornice (frame) che ne stabilisce il valore etico e morale, più che il senso poetico e creativo. Il significato muta a seconda nel contesto culturale e sociale in cui si diffonde, ed è strettamente collegato al “valore” che assume all’interno di un quadro linguistico circoscrivibile.

ARCHETIPI

Gli archetipi sono parte integrante del nostro lontano passato e obbediscono alle propensioni genetiche istintive acquisite dagli esseri umani attraverso l’evoluzione per selezione naturale.” 8p.137)

Gli archetipi emergono anche dalla propensione per il tipo di habitat ideale descritto nell’ipotesi della savana. entrambe queste propensioni hanno una base ereditaria dimostrabile. In altre parole, si tratta di istinti paragonabili all’impulso intrinseco che spinge tutti gli organismi a cercare l’habitat giusto.” (p.137)

L’ISOLA PIU’ LONTANA

Sala y G omez, al largo della costa del Cile, 15 ettari con un diametro massimo di 770 metri.

IRONIA

La rabbia, la gelosia e la vendetta sono emozioni animali. Sono parte dei programmi istintivi già predisposti decine di milioni di anni fa nell’ipotalamo e in altri centri di controllo delle emozioni dei nostri antenati. L’ironia è qualcosa di diverso. Soltanto nostra, cerebrale, pacifica e modellata sostanzialmente dall’evoluzione culturale negli ambienti sociali prodotti dal linguaggio.” (p.152)

IL TERZO ILLUMINISMO

L’atto dello scoprire è in ogni sua parte una vicenda umana. Il raccontarlo è un’impresa umana. La conoscenza scientifica è il prodotto esclusivo e completamente umano del nostro cervello… Per quanto il pensiero umano possa essere sottile, effimero e personale, ogni sua parte ha una base fisica, spiegabile in ultima analisi ricorrendo al metodo scientifico.

Così, anche se la scienza è il fondamento delle discipline umanistiche, tuttavia sono queste ultime a potersi spingere più lontano. L’osservazione scientifica si occupa di ogni fenomeno esistente nel mondo reale, la sperimentazione scientifica affronta ogni mondo reale possibile e la teoria scientifica si occupa di ogni mondo reale concepibile; per contro, l’ambito umanistico incorpora tutti e tre questi livelli, aggiungendone uno: il numero infinito di tutti i mondi fantastici. (p.153)

Gli esperti tendono a parlare diffusamente di una scoperta scientifica, ma non dello scienziato; al contrario, i critici d’arte dicono molto dell’artista, ma non della sua opera.” (p.154)

Spettegolare e raccontare storie sono fenomeni darwiniani.” (p.156)

Come accade per le discipline umanistiche, la specializzazione indispensabile ha spinto biologi e gli altri scienziati a isolarsi in territori  che si stanno riducendo sempre più.” (p.158)

Wilson prevede una nuova età pionieristica soprattutto nelle discipline di confine tra l’ambito scientifico e quello umanistico. È li che il progresso emergerà “da una visione sempre più chiara delle origini biologiche della consapevolezza umana, dalla comprensione della fucina evolutiva in cui venne modellata la cultura, a partire dall’istinto animale.”

“Ciò che oggi passa per filosofia del xxi secolo è in larga misura saccenteria” (p.161)

Il limite della filosofia sta nella mancata attenzione per la scienza.

Il terzo illuminismo, secondo Wilson, nascerà da una giusta miscela fra discipline umanistiche e scientifiche.

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L’idea che la creatività abbia origini biologiche è intrigante, ma le argomentazioni mi sembrano molto fragili, perché Wilson non fornisce elementi concreti a dimostrazione della sua ipotesi che resta, invece, più legata alla prospettiva di un riavvicinamento futuro (il terzo illuminismo) delle discipline scientifiche con quelle umanistiche.

La sua argomentazione parte da una innata ricerca dell’originalità che caratterizzerebbe la  nostra specie: un amore istintivo per la novità che ha guidato l’evoluzione umana nel suo sviluppo biologico parallelamente a quello di uno sviluppo delle relazioni interpersonali e sociali (competizione, cooperazione, empatia, partecipazione). In questo processo la capacità di immaginare è fondamentale; essa cresce con la forza cerebrale e dipenderebbe dalla conformazione del cervello e dai mutamenti del corpo. Le discipline umanistiche nascono attorno a un fuoco da questa capacità di immaginare. Nella narrazione di Wilson le conversazioni notturne sono diverse da quelle diurne che sono, invece, più concentrate su aspetti pratici. Il linguaggio ha ovviamente avuto un peso determinante, ma Wilson non fornisce alcun elemento significativo che spieghi la sua origine da un punto di vista biologico.

Discipline umanistiche e discipline scientifiche condividono, secondo Wilson, questo aspetto creativo innato nell’uomo. Anche qui il discorso è confuso e trascurato perché, pur sostenendo la loro complementarità, non spiega come nel tempo si siano separate e contrapposte. Oggi le discipline scientifiche prevalgono su quelle umanistiche e mentre queste ultime peccano di saccenteria, le prime da sole non sarebbero sufficienti  a progettare il futuro dell’umanità e del pianeta. Wilson prospetta un futuro riavvicinamento dei due ambiti disciplinari ma non indica neppure una strada comune da seguire; si limita a criticare le discipline umanistiche che restano chiuse e autoreferenziali.

Wilson è un biologo e mi sembra più attento ad affermare una continuità della presenza umana nell’evoluzione della natura sul pianeta, mentre sottovaluta quelli che sono gli effetti immediati e permanenti dell’alienazione, della produzione materiale che si erge di fronte all’uomo come risultato del suo lavoro. Lo scopo dell’uomo di dominare la natura  va oltre le sue intenzioni e oggi, secondo me, si manifesta in una contrapposizione delle “cose” agli istinti e ai sentimenti che rimangono legati all’eredità biologica e all’esperienza evolutiva del corpo. Nel frattempo la spinta dell’economia a capitalizzare il sapere tende a limitare i campi di ricerca, e soprattutto a strumentalizzare il sapere scientifico trasferendolo alle macchine attraverso la digitalizzazione. Da questa contrapposizione tra individuo e prodotto del lavoro dipendono gran parte del disagio e delle “patologie” psicologiche che tormentano ciascuno (ma non sono le stesse per tutti). La creatività  non ha un valore di per sé positivo se non si collega a un progetto etico, questo è sì determinato dalle discipline umanistiche e dalla religione, ma resta tutto da dimostrare che sia insito nella natura biologica dell’uomo o che almeno sia tra le finalità che un organismo vivente possiede. In questo senso, invece, qualche elemento più concreto mi sembra che sia emerso dalle ipotesi di ricerca di Antonio Damasio (omeostasi). Sempre in questa direzione sono le ricerche sul polpo di Godfrey-Smith che evidenziano aspetti di consapevolezza nel mondo animale che fanno pensare a un primordiale sviluppo di una forma di coscienza che precederebbe quella dell’uomo.

Wilson è convinto che attraverso la ricerca scientifica approfondiremo le nostre conoscenze sulla natura e sull’uomo trovando quelle risposte che oggi sembrano irrisolvibili, ma per fare questo abbiamo bisogno delle discipline umanistiche che “attorno al fuoco” ci permetterebbero di immaginare nuove ipotesi da seguire. Le discipline umanistiche devono, però, avvicinarsi al metodo sperimentale, in un terreno comune, interdisciplinare, che oggi Wilson identifica con le scienze cognitive.

Wilson prospetta un riavvicinamento dei due campi disciplinari senza esaminare quali siano storicamente e attualmente i ruoli che queste discipline ricoprono e  che gli scienziati hanno nella società e nell’economia, e in particolare non dà ragione della funzione che hanno le discipline umanistiche: secondo me, di mero supporto ad una cultura che vela la coscienza e i modelli di vita più diffusi, manipolando gran parte dei comportamenti che intercorrono fra individui e con i poteri forti che governano le società. Superare la distanza fra discipline umanistiche e quelle scientifiche resta una convinzione di pochi. Oggi, dopo il coronavirus si “predica” per aumentare le conoscenze scientifiche tra i giovani per poter rispondere in modo più incisivo a quelle che sono le esigenze del mercato, della concorrenza nella produzione e nell’estrazione di valore attraverso il consumo. Di certo non vedo una maggiore consapevolezza per ciò che riguarda il destino dell’umanità e del pianeta. Ciò che si chiede agli scienziati è di essere più competitivi a livello di paese nei confronti di altri paesi e popolazioni. Si parla spesso di comunità mondiale degli scienziati, di dialogo e scambio internazionale di informazioni, poi, però, si combatte una lotta spietata per i brevetti e la commercializzazione dei prodotti. Chissà se anche il liberismo, il libero mercato, quello che oggi vogliono farci credere che sia governato da leggi di natura, è nato attorno a un fuoco. 
Il percorso che Wilson delinea dall’organismo biologico alla creatività è pieno di intoppi logici e storici. E la combinazione auspicata di scienza e cultura umanistica mi sembra una incerta speranza perché i ruoli istituzionali in entrambi i settori non sono contrapposti. La stessa cosa si potrebbe dire di scienza e religione: non vi è contrapposizione ma complementarità. Scienziati e intellettuali sono immersi in uno stesso mondo e partecipano delle stesse contraddizioni che muovono tutto il sistema della produzione e quello della divisione delle ricchezze materiali. Neppure la creatività sfugge a queste contraddizioni. Mi rendo conto che il mio ragionamento è lacunoso. Ma Wilson non mi ha dato elementi da cui partire e con cui confrontarmi. Sembra un testo scritto mettendo insieme un po’ di idee senza indicare un percorso e senza fiato.