Ricerca di Base – lettera a Draghi

Dall’introduzione scritta da Pietro Greco al Manifesto per la rinascita di una nazione, di Vannevar Bush, editore Bollati Boringhieri 2013

In coda la “lettera” che Pietro Greco scrisse nel 2013, ma che potrebbe essere inviata oggi al Presidente del Consiglio Draghi (scienzainrete.it).

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“Certo , una figura come Vannevar Bush in Italia non c’è stata. Non perché siano mancate persone che abbiano tentato di organizzare una moderna «politica della scienza» e di creare le premesse per un’economia fondata sulla scienza. Al contrario, queste persone dallo sguardo lungo ci sono state: basti pensare a Vito Volterra (che ha fondato il CNR), a Edoardo Amaldi (che ha rifondato la fisica italiana nel secondo dopo- guerra) o anche, più di recente, a Antonio Ruberti, che ha cercato di portare la questione scientifica in testa all’agenda politica italiana ed europea.

II fatto è che queste e altre persone non hanno trovato interlocutori politici all’altezza di Franklin D. Roosevelt o di Harry S. Truman, di Harley Kilgore o di John R. Steelman.

Non si tratta, probabilmente, di una carenza soggettiva o culturale. Il fatto è, probabilmente, che in Italia è mancata e manca tuttora una domanda sociale ed economica di scienza. Dopo la Seconda guerra mondiale l’economia italiana ha subito una profonda trasformazione. Da Paese agricolo siamo diventati un grande Paese industriale. Ma, tranne che per un breve periodo, conclusosi all’inizio degli anni sessanta, abbiamo scelto un modello industria le di sviluppo anomalo e del tutto inusitato nell’ambito delle economie avanzate, un modello che è stato definito di «sviluppo senza ricerca». Grazie al basso costo relativo del lavoro e alla possibilità di ricorrere di frequente alla cosiddetta «svalutazione competitiva» della lira, la nostra industria si è specializzata nelle produzione di beni a media e bassa tecnologia, una specializzazione produttiva che non aveva bisogno di quel flusso continuo di innovazione che solo la scienza, come  sosteneva Vannevar Bush, consente.

I modello ha retto fino a quando eravamo i «più poveri tra i ricchi». Ma ha iniziato a mostrare tutti i suoi limiti tra la seconda metà degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta del xx secolo, quando sono venute meno nel medesimo tempo entrambe le leve su cui si reggeva. Con la nuova globalizzazione e l’irruzione sulla scena dell’industria mondiale di Paesi poveri è venuta meno la leva del basso costo del lavoro; con la creazione di un sistema di scambi fissi tra le monete europee e, poi, con l’introduzione dell’euro è venuta meno la possibilità della «svalutazione competitiva» della moneta. Di qui la ragione principale di un «declino lungo».

Questo declino può essere arrestato in due soli modi: o rincorrendo i Paesi poveri lungo la strada della contrazione dei salari e dei diritti, ovvero con un formidabile dumping sociale; oppure ponendoci nell’ottica di Vannevar Bush e cercare di cambiare la specializzazione produttiva della nostra economia, passando da un modello di «sviluppo senza ricerca» a un modello di «sviluppo fondato sulla conoscenza». Questo è il modello scelto dalla gran parte de Paesi di antica industrializzazione e, sempre più, anche dai Paesi a economia emergente.

Rispetto all’America del 1945 abbiamo un vantaggio: la ricetta. Basta seguire in maniera creativa i 15 punti focali del «rapporto Bush» e potremo creare le premesse giuste per il cambio di paradigma economico. Rispetto all’America del 1945 abbiamo uno svantaggio: non abbiamo un personaggio come Vannevar Bush e non abbiamo, soprattutto, interlocutori come Roosevelt e Truman, come Kilgore e Steelman.

Tuttavia vale la pena tentare e inviare la nostra breve lettera.

* (Lettera al presidente Draghi)

Caro Presidente, è iniziata la sfida per il futuro. Dobbiamo decidere il ruolo che avrà il nostro Paese nel nuovo ordine mondiale. Se vogliamo che sia di primo piano, come ci compete, dobbiamo puntare sulla scienza, che è la leva per lo sviluppo economico, oltre che per la sicurezza sanitaria e militare, delle nazioni. Noi non abbiamo un programma nazionale di sviluppo scientifico. Nel nostro Paese la scienza è rimasta dietro le quinte, mentre andrebbe portata al centro dell’attenzione, perché a essa si legano le speranze per il futuro. Non possiamo attenderci che questa lacuna venga colmata dall’industria privata. L’industria si occupa d’altro. L’impulso alla ricerca può venire solo dal Governo. E il Governo che deve investire molto di più e molto meglio se vogliamo vincere la sfida del futuro.

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È questa in estrema sintesi, la lettera che vorremmo consegnare al Presidente del consiglio dell’Italia. Un paese che da alcuni decenni pone sistematicamente la scienza dietro le quinte e che, di conseguenza, da alcuni decenni non sa immaginare il proprio futuro.”

Pietro Greco 2013