Après le livre di François Bon

VOLTO-LIBRO

Interessante il tema ma il tono è quello di una conversazione, con molte considerazioni, e senza un approdo. Ogni capitolo inizia con una domanda, neppure breve, e a volte  finisce ancora con un punto di domanda. Tante divagazioni letterarie e autorevoli citazioni per dire che il cambiamento del libro nell’epoca del digitale (e-book) è un passaggio verso una mutazione più profonda. Con i tablet e gli smart-phone cambia il nostro rapporto con il testo scritto, si trasforma in qualcosa di più complesso anche nei comportamenti quotidiani. Nello stesso tempo emerge una continuità  di alcuni elementi a partire dalle prime forme di scrittura sino al grande ipertesto che è internet. Non è difficile, per esempio, vedere delle somiglianze tra le pagine del web e le tavolette di argilla su cui si incideva con il calamo, oppure tra lo scorrimento del testo nel browser e il papiro. L’Autore ripercorre la storia della scrittura mettendola in relazione con il “supporto” e ci permette di notare come l’evoluzione di entrambi sia sospinta dall’evoluzione del linguaggio. La scrittura (i segni) si adegua al linguaggio (per esempio nella velocità, vedi la lunga citazione di un’intuizione di Calvino) ed è condizionata dal supporto che a sua volta cambia per corrispondere alle nuove esigenze. Il libro di François Bon riporta molti esempi interessanti della storia del “libro” e della scrittura che vorrei ricordare, ma ho come l’impressione che tutte queste spiegazioni tra passato e presente servano a poco per decidere  del futuro. Transizione e mutazione galoppano insieme.

Après le livre, di François Bon

(publie.net)  ISBN 978-2-8145-0410-3

“Un demi-siècle plus tard [Walter Benjamin], la révolution des outils numériques nous confronte à une nouvelle mutation radicale. La dématérialisation des contenus apportée par l’informatique et leur diffusion universelle par internet confère aux œuvres de l’esprit une fluidité qui déborde tous les canaux existants. Alors que la circulation réglée des productions culturelles permettait d’en préserver le contrôle, cette faculté nouvelle favorise l’appropriation et la remixabilité des contenus en dehors de tout cadre juridique ou commercial.”

 

“Construite par opposition avec le monde professionnel, la notion même d’amateur apparaît comme une relique de l’époque des industries culturelles – qui maintiennent fermement la distinction entre producteurs et public –, plutôt que comme un terme approprié pour décrire le nouvel écosystème.
La mythologie des amateurs, qui n’est qu’un cas particulier de la dynamique générale de l’appropriation, est désormais passée de mode, en même temps que le slogan du web 2.0. Elle n’en laisse pas moins une empreinte profonde, symbole de la capacité des pratiques numériques à réviser les hiérarchies sociales, mais aussi du passage de la démocratisation de l’accès aux contenus (décrite par Walter Benjamin), à la dimension interactive et participative caractéristique de la culture post-industrielle.”