Merdificazione

Enshittification’ is coming for absolutely everything, di Cory Doctorrow, 8 febbraio 2024 FT Magazine

(traduzione di fas, Fermiamo questa merda, L’internazionale 1552, marzo 2024)

“È un processo in tre stadi: all’inizio, le piattaforme tecnologiche sono al servizio degli utenti; poi cominciano a maltrattare gli utenti per soddisfare le esigenze dei clienti aziendali; quindi maltrattano i clienti aziendali per tenersi tutto il guadagno. A quel punto c’è un quarto stadio: muoiono.”

Ci sono quattro forze che disciplinano le imprese e possono frenare i loro impulsi merdificanti. La concorrenza: le azien- de hanno paura che porterete i vostri soldi a qualcun altro, perciò ci pensano prima di abbassare la qualità o di aumentare i prezzi. La regolamentazione: le aziende temono che il regolatore le multerà per delle cifre più alte di quelle che si aspettano di guadagnare imbrogliando, perciò imbrogliano meno. Queste due forze sono presenti in tutti i settori; le altre due, invece, sono più specifiche dell’industria tecnologica. La prima è il fai da te: i computer sono estremamente flessibili, come i prodotti e i servizi tecnologici che ne ricaviamo. Questo significa che gli utenti possono trovare dei programmi capaci di disattivare tutte le funzioni che tolgono valore a loro e lo danno agli azionisti… Infine, ci sono i lavoratori. Nel settore tecnologico il tasso di sindacalizzazione è basso, ma questo non significa che i lavoratori non abbiano potere negoziale. La storica “penuria di talenti” del settore tecnologico ha dato molta forza ai lavoratori.”

“L’approvazione del Regolamento generale sulla protezione dei dati (Rgpd), la storica legge sulla privacy dell’Unione europea, è stata un evento di estinzione di massa per molti piccoli operatori di pubblicità online europei. Ed è stato un bene: erano perfino più invadenti e spregiudicati dei colossi tecnologici statunitensi.”

“Google e Facebook, però, sono uscite indenni dalla legge europea sulla privacy. E non perché non la infrangono. È che hanno una sede di facciata in Irlanda, uno dei più noti paradisi della criminalità imprenditoriale dell’Unione europea, che contende ad altri paradisi simili (Malta, Lussemburgo, Cipro, a volte i Paesi Bassi) la palma del paese più ospitale.”

“Non voglio fare l’avvocato difensore del capitalismo: non credo che i mercati sia- no gli allocatori più efficienti delle risorse né gli arbitri della politica. Eppure, vent’anni fa il capitalismo ha trovato uno spazio per una cosa incontrollabile e in- forme come internet, uno spazio dove le persone che la pensavano in modo diver- so potevano trovarsi, aiutarsi reciproca- mente e organizzarsi. Il capitalismo at- tuale ha prodotto solo un gigantesco cen- tro commerciale fantasma aperto in tutto il mondo e pieno di bot molesti, gadget di merda prodotti da aziende dai nomi pieni di consonanti e criptovalute truffaldine.”

“Internet non è più importante della crisi climatica, della giustizia di genere, della giustizia razziale, del genocidio o della disuguaglianza. Internet, però, è il terre- no su cui si combattono queste battaglie. Senza un web libero, giusto e aperto, la battaglia è persa in partenza. Possiamo invertire il processo di merdificazione, possiamo fermare la merdificazione stri- sciante di ogni dispositivo digitale, pos- siamo costruire un sistema nervoso digi- tale migliore, in grado di coordinare i movimenti di massa di cui abbiamo biso- gno per combattere il fascismo, per fer- mare il genocidio, per salvare il pianeta e la nostra specie.”

“Martin Luther King ha detto: “Magari è vero che la legge non può costringere un uomo ad amarmi, ma può impedirgli di linciarmi, e io penso che sia abbastanza importante”. E magari è vero che la legge non può costringere le multinazionali a considerarmi un essere umano che ha di- ritto alla dignità e a un trattamento equo, e non un portafoglio ambulante, una ri- serva di batteri intestinali per quell’orga- nismo coloniale imperituro che risponde al nome di società a responsabilità limita- ta. Ma posso costringerle a temermi abba- stanza da trattarmi in modo equo e a rico- noscere la mia dignità. Anche se pensano che non me la merito. “