Ipotesi per il mondo che non sarà

 

  1.  Non dimenticare mai che sei un privilegiato e “fortunato”. Per tanti aspetti: economico, culturale, salute, … la tua condizione di vita è sostenuta da vantaggi che altri non hanno.
    Ingiustizia e iniqua distribuzione delle risorse e dei beni prodotti dagli uomini e dalla natura sono una realtà in tutti i sistemi sociali istituzionali. Questa realtà viene spacciata dalle élite dominanti come naturale e necessaria allo sviluppo dell’umanità. Viene imposta come l’unica realtà possibile e ineluttabile. Ma non sta scritta in nessuna legge fisica, non ha alcun fondamento razionale; e la storia umana è la dimostrazione che tale condizione genera contraddizioni, ingiustizia e sofferenza tra la maggior parte dell’umanità. Spesso si giustifica con l’affermazione che è una caratteristica dell’uomo. Si potrebbe semplicemente rispondere che dove e quando uomini, popoli, classi e ceti sociali si sono ribellati, una violenta repressione si è scatenata imponendo l’ordine e la gerarchia favorevoli al potere e alla ricchezza di pochi sulla maggioranza.
    La democrazia parlamentare è solo l’ultimo degli inganni per mantenere il potere delle élite economiche e finanziarie.
  2. Il male esiste ed è nelle azioni di chi non rispetta l’altro. Chi utilizza metodi violenti verso chi è più debole o indifeso o ignorante. È una violenza anche la coercizione, il condizionamento fisico o psichico e la manipolazione della comunicazione, dell’informazione, della scienza e della cultura. Ambito importante della manipolazione e del condizionamento è l’istruzione, dopo la famiglia ovviamente.  
  3. Chiunque ha il diritto di dire basta all’ingiustizia subita.
    L’azione in cui si concretizza il basta non può che essere proporzionata alla condizione individuale, sociale e storica. Il problema sta nel grado di comprensione di queste condizioni e dei mezzi a disposizione. Il margine di errore è sempre molto alto, ma la condivisione di informazioni e mezzi può aumentare il livello di consapevolezza.
  4. L’identità (individuale e posizione sociale) è legata alla consapevolezza e alla comunità di riferimento. La rottura o mancanza di relazione con una comunità, piccola o grande che sia, è destabilizzante se non trova altri punti di riferimento culturali, soprattutto etici e storici.
  5. All’interno di una comunità, l’identità è un aspetto delicato perché facilmente manipolabile da personalità egocentriche o gruppi di interesse. 
  6. Collegato al tema dell’identità è la condizione dello spazio vitale. Senza spazio nessuna identità può svilupparsi in modo autonomo e con aspettative di felicità o soddisfazione personale. Da un lato lo spazio propriamente fisico ( penso alla prigione ma anche alla spiaggia intasata di ombrelloni) che permette di comprendere meglio il proprio corpo e le relazioni con gli altri. Ma anche lo “spazio mentale” è fondamentale per capire e, per esempio, uscire dalla coazione a ripetere come avviene spesso e soprattutto nei rapporti di ruolo (lavoro, famiglia, scuola …), come anche nel gioco, per effetto di assuefazione e condizionamento fisico e/o psichico.
  7. La solidarietà è un elemento indispensabile della comunità. Colui che non prova un sentimento di solidarietà con chi soffre  o con chi  è vittima, diventa un nemico della comunità se non dell’umanità. Non sempre è possibile fare qualcosa di concreto per dimostrare la solidarietà perché il dolore spesso non ha soluzione. Ma rimanere insensibili o indifferenti è segno di un atteggiamento di fondo prevaricatore e a volte criminale. La compassione è un aspetto importante della relazione con gli altri.
  8. La distinzione fra buoni e cattivi è sempre relativa e strumentale. Perdono o vendetta, così come colpa o santità dell’altro, sono sempre giustificazioni per continuare a ripetere o subire gli stessi errori. Gli errori restano insoluti se non portano a un cambiamento e a una comprensione. Giudicare è facile, molto più difficile è capire a cosa servano la condanna e l’espiazione senza la punizione e la paura.