Il mito della meritocrazia

Wikipedia: “La meritocrazia (neologismo coniato dal sociologo britannico Michael Young nel romanzo distopico L’avvento della meritocrazia del 1958) è un concetto usato in origine per indicare una forma di governo distopica di estrema disuguaglianza economica e sociale nella quale la posizione sociale di un individuo viene determinata dal suo quoziente intellettivo e dalla sua attitudine al lavoro.”

Il mito della meritocrazia: chi ottiene davvero ciò che si merita? (The Guardian) di Kwame Anthony Appiah -2018

La meritocrazia rappresenta una visione in cui il potere e il privilegio sarebbero assegnati dal merito individuale, non dalle origini sociali.

“La meritocrazia americana”, sostiene il professore di legge di Yale Daniel Markovits, “è diventata esattamente ciò che avrebbe dovuto combattere: un meccanismo per la trasmissione dinastica di ricchezza e privilegi attraverso le generazioni”.

“È buon senso nominare singole persone a posti di lavoro per merito”, ha scritto Young. “È l’opposto quando coloro che sono giudicati avere un merito di un particolare tipo si induriscono in una nuova classe sociale senza spazio per gli altri”.

Il suo punto più profondo era che dobbiamo anche applicarci a qualcosa che non sappiamo ancora come fare: sradicare il disprezzo per coloro che sono svantaggiati dall’etica di una competizione faticosa.

Tuttavia è sbagliato negare non solo il merito ma anche la dignità di chi, nella lotteria genetica e nelle circostanze storiche della sua situazione, ha avuto meno fortuna.

Certo, le persone vorranno inevitabilmente condividere soldi e prestigio con quelli che amano, cercando di ottenere dei premi economici e sociali per i figli. Ma per procurare dei vantaggi ai nostri figli, non dovremmo negare una vita decente ai figli degli altri.

Non possiamo controllare pienamente la distribuzione del capitale economico, sociale e umano, o sradicare gli intricati modelli che emergono da queste griglie sovrapposte. Ma le identità di classe non devono interiorizzare quelle lesioni di classe. Rimane uno sforzo collettivo urgente di rivedere i modi in cui pensiamo al valore umano al servizio dell’uguaglianza morale.